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“Siamo preoccupati dell’impatto che il COVID-19 avrà nell’economia nazionale e internazionale e, seppur in questo momento non sappiamo l’evoluzione e la durata di questo virus, siamo convinti che la debole crescita economica prevista nel 2020 per l’Italia sia ormai sfumata e l’ombra della recessione anche a livello globale si avvicini sempre di più. L’impatto di questo virus, un nuovo “cigno nero”, nel sistema bancario italiano rischia di avere conseguenze peggiori rispetto al post Lehman Brothers.

Sicuramente avremo un aumento dei crediti NPL nei prossimi mesi con conseguente incremento di rettifiche sui crediti. Le nuove normative sugli accantonamenti dei crediti deteriorati volute dalle Autorità di Vigilanza europee rischiano di amplificare le difficoltà dell’economia italiana, che è ancora molto bancocentrica rispetto ad altri paesi, con possibile restrizione del credito e/o aumenti dei tassi d’interesse.

Crediamo che debbano essere rivedute queste norme europee sulle rettifiche sui crediti, indipendentemente dalla pandemia di coronavirus, per non aggravare il sistema bancario di ulteriori costi.” Queste sono le prime considerazioni di Masi e Telatin.

“Siamo convinti che questa “epidemia” rimodulerà i modi di produrre e le filiere di produzione, modificando anche i sistemi finanziari che finanziano la produzione mondiale – continuano Masi e Telatin -. La dipendenza da un unico produttore mondiale, com’è oggi la Cina, ha evidenziato i limiti delle catene di valore globale e sicuramente nei prossimi anni vedremo un accorciamento e una diversificazione delle filiere di valore, anche se lo sviluppo di nuove tecnologie di massa come la stampa in 3D permetterà alle imprese di autoprodursi i prodotti necessari al processo produttivo e di ridurre la dipendenza da terze parti.

Avremo bisogno di capitali per riavviare la produzione nazionale dopo questo shock e riconquistare quelle quote di mercato all’estero perse per il COVID-19. Il made in Italy faticherà molto nel riconquistare i mercati che ora perde”.

“Viviamo oggi in un tempo di guerra non dichiarata, invasi da truppe nemiche invisibili che hanno occupato alcune delle regioni più produttive del Paese e oltre ad aver reso “prigionieri” migliaia di persone ha bloccato il sistema economico nazionale –affermano Masi e Telatin -.

Il sistema bancario italiano che è molto differente sia per dimensione dei gruppi bancari, sia per distribuzione territoriale, sia per tipologia di azionisti che lo supportano, dovrà usare tutta la sua agilità per “soccorrere” le imprese e le persone dalle difficoltà finanziare dei prossimi mesi. La velocità è ancora una volta l’elemento che condiziona e contraddistingue le trasformazioni sociali, politiche ed economiche nel secondo millennio come ha dimostrato la rapidità di propagazione di questo virus”.

“Per questo – sottolinea Masi – non ci sorprenderemo se i piani industriali presentati dalle banche saranno aggiornati nei prossimi mesi, perché lo scenario di riferimento è oggi completamente cambiato sia a livello nazionale che internazionale, e crediamo che le politiche di remunerazione degli azionisti debbano essere anch’esse riviste, pur non essendo già ora omogenee, si va da un payout dell’80% di Intesa Sanpaolo, al 15% di Banco Bpm, al 40% di UniCredit, al 19% di Bper, solo per citare alcuni istituti di credito, in quanto avremmo bisogno di rafforzare l’economia nazionale con maggiori investimenti. Non sarebbe il caso di mettere a disposizione delle PMI, delle Aziende, delle Lavoratrici e dei Lavoratori anche autonomi queste enormi somme?”

Conclude Telatin: “Le maggiori 11 banche italiane hanno avuti utili per 8,3 miliardi di euro nel 2019, dove il contribuito di Intesa Sanpaolo e UniCredit è stato 7,5 miliardi, dei quali 4,7 saranno distribuiti agli azionisti. Pur consapevoli che gli investitori hanno diritto ad avere una remunerazione del capitale investito, notiamo che per il settore bancario europeo le primarie banche d’affari stimano un dividend yield compreso tra il 5-6% nel 2020, mentre i titoli di Stato dell’area euro hanno rendimenti negativi dell’1%, come nel caso dei BTP decennali, per cui rivedere le politiche di remunerazione del capitale per il management bancario italiano per avere “più fieno in cascina” per l’inverno  economico che si prospetta sarebbe una scelta a tutela del capitale investito.

Non dobbiamo dimenticare, come ha evidenziato anche il Rapporto ABI Monthly Outlook di febbraio 2020, che gli impieghi al settore privato e PA a dicembre 2019 erano già in contrazione del 6,1% rispetto a marzo 2018, per cui se questo è un indicatore della crescita di un paese, la nostra discesa economica era già iniziata prima dell’arrivo del COVID-19. Dobbiamo dunque focalizzarci sugli elementi di debolezza strutturale del nostro sistema di produzione che il Coronavirus ha accentuato e aumentare gli investimenti e la nostra capacità di presentare il Made in Italy all’estero. Il sistema bancario essendo radicato nel territorio, nonostante le continue chiusure di sportelli, che a nostro giudizio riducono le possibilità di valorizzazione del tessuto imprenditoriale, potrebbe divenire l’ambasciatore delle eccellenze produttive italiane sia nelle varie regioni sia all’estero, consci che serve uno sforzo comune da parte della politica, dell’imprenditoria, del mondo del lavoro oltre che di medici e ricercatori per vincere il COVID-19 e ritornare a vivere.

Comunicato Stampa del segretario generale Uilca Massimo Masi e del responsabile Centro Studi Uilca “Orietta Guerra” Roberto Telatin

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