n questo tempo di emergenza e difficoltà quotidiane, di sensazioni sospese tra dolore, paura e speranza, si attribuisce importanza a ciò che prima pareva scontato, tutto è in discussione e molte cose non saranno più come prima.
Se questo è vero in ogni ambito della nostra vita quotidiana, ovviamente riguarda anche il mondo del lavoro, l’azione del sindacato e i rapporti con le controparti.
A livello confederale e nei singoli settori si è dimostrato che per trovare soluzioni concrete, condivise e favorevoli per le lavoratrici e i lavoratori, come per le aziende, non servono proclami privi di sostanza, ma sono indispensabili relazioni sindacali virtuose, in cui le parti si riconoscono nei ruoli che rivestono e nella reciproca legittimità.
Dopo un lungo periodo in cui la rappresentanza dei corpi intermedi era stata posta in forte discussione, solo nell’ultimo anno a livello confederale era ripreso un dialogo sociale costruttivo, che oggi, nella crisi, ha trovato piena compiutezza, dimostrandosi efficace per produrre risultati concreti nel rapporto con il Governo e nelle varie categorie, a favore dei dipendenti delle aziende che hanno interrotto l’attività e di quelle che devono continuarla.
Allo stesso tempo le consuete positive relazioni sindacali con l’Abi, Federcasse, l’Ania, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e le Autorità indipendenti hanno favorito la sottoscrizione di Protocolli e accordi, per tutelare le lavoratrici e i lavoratori chiamati a garantire i servizi finanziari considerati essenziali nei decreti del Governo.
Questi rapporti proseguono tutti i giorni, a ogni livello e gli interventi sindacali sono continui a tutela della salute del personale e dei cittadini, per migliorare e rendere effettive misure come la turnazione dei dipendenti, la chiusura alternata degli sportelli, un afflusso scaglionato e su prenotazione della clientela, la dotazione di dispositivi individuali di protezione e tutto quanto condiviso con le controparti datoriali.
In tale contesto il mantenimento dell’operatività di servizio al pubblico e la presenza dei bancari nelle filiali rappresentano ulteriori aspetti su cui andranno sviluppate valutazioni e considerazioni, che possono modificare quanto era dato finora per certo.
In primo luogo per quanto concerne il ruolo fondamentale che le aziende di credito rivestono nel Paese, come il sindacato da tempo sottolinea, al servizio dell’economia, dei territori, delle famiglie e delle imprese.
Una centralità delle banche evidenziata anche da Mario Draghi nel suo recente articolo sul Financial Times, quando, nel sottolineare la necessità di trovare risorse attraverso l’indebitamento dello Stato, ha dichiarato che “le banche in particolare si estendono in tutta l’economia e possono creare denaro istantaneamente consentendo scoperti di conto corrente o aprendo linee di credito. Le banche devono prestare rapidamente fondi a costo zero alle società disposte a salvare posti di lavoro. Poiché in questo modo stanno diventando un veicolo per le politiche pubbliche, il capitale necessario per svolgere questo compito deve essere fornito dal governo sotto forma di garanzie statali su tutti gli ulteriori scoperti o prestiti…”.
Queste affermazioni rimarcano importanti implicazioni in merito all’attività delle banche, alle loro prospettive e al loro ruolo sociale, oltre quello lodevole di singole iniziative assunte dall’Abi e dagli istituti di credito, come la disponibilità a interrompere i pagamenti dei mutui o ad anticipare gli importi per la Cassa Integrazione.
Per dare reale valore a tutto ciò la crisi ha dimostrato, ancora una volta, la necessità di mettere al centro le persone che lavorano in banca, come la clientela, (in linea con quanto fatto nel rinnovo del Ccnl del credito) e diventa quindi indispensabile aprire un dibattito con le aziende sul loro futuro.
L’attuale crisi produce infatti un rilevante paradosso.
Nel momento in cui le banche progettavano di rivoluzionare sé stesse, sviluppando la digitalizzazione e i contatti da remoto, peraltro adottati in modo accelerato in questo periodo, si è scoperto che quelle attività bancarie più coinvolte dal cambiamento sono essenziali per il Paese e per i cittadini.
Le obiezioni che le aziende potrebbero opporre sulle poche operazioni in questione non terrebbero in realtà conto degli aspetti sociali di quanto avvenuto quando le Organizzazioni Sindacali e l’Abi hanno dovuto rivolgere un appello, per invitare i cittadini a recarsi in banca solo per ragioni indifferibili, di fronte all’evidenza di un continuo afflusso di clientela, soprattutto di età più avanzata.
Una apparente contraddizione, in un contesto in cui le persone più anziane sono quelle a maggiore rischio di conseguenze negative in caso di contagio del virus.
Ma evidentemente c’è di più in questa necessità avvertita da tante persone rispetto a un contesto di incertezza, di difficoltà e di smarrimento.
C’è il bisogno, e non deve stupire sia più avvertito da chi è meno giovane, di avere rassicurazioni in merito a riferimenti importanti come i propri risparmi, anche se non realmente a rischio, e la necessità di ritrovare elementi di stabilità conosciuti.
In questo contesto le banche, le assicurazioni, le loro lavoratrici e i loro lavoratori, come molti servizi e istituzioni, oggi più che mai, sono riferimento per i territori, per i cittadini e svolgono un ruolo che va oltre l’attività commerciale nei confronti dei clienti.
La Uilca, e il sindacato in generale, ha denunciato più volte, in questi anni, i rischi determinati dalla chiusura indiscriminata delle filiali e dall’abbandono di interi territori di tali presidi nella gestione del risparmio e nell’erogazione del credito.
Questa situazione diventa ancora più determinante in un momento di crisi come l’attuale, in cui la riscoperta di un senso di comunità evidenzia come la donna o l’uomo seduti dietro uno sportello si dimostrano parte essenziale, con il loro lavoro, la loro presenza, il loro presidio del territorio, per la tenuta sociale del Paese.
Tutto ciò comporta la necessità di programmare il futuro dell’attività bancaria tenendone conto, per non dimenticare l’impegno e la professionalità che le lavoratrici e i lavoratori oggi stanno dimostrando, mettendo a rischio per il bene collettivo, come tutte le persone in attività in questo periodo, la salute loro e dei loro famigliari.
Un sacrificio, parte di una grande azione unitaria complessiva, assunto senza proclami, con senso di responsabilità, spesso sottaciuto o non adeguatamente riconosciuto.
Da questo riconoscimento e da quel rinnovato senso di comunità è necessario ripartire una volta finita l’emergenza, per discutere sul futuro delle aziende dei settori finanziari; sugli impatti della tecnologia; sulla necessità di presidiare i territori e sul ruolo indispensabile che svolgono le persone che vi lavorano.
Servirà un confronto serio e costruttivo, senza pregiudizi e soluzioni precostituite, da sviluppare proprio attraverso le relazioni sindacali e gli strumenti che le stesse definiscono, come ad esempio la Cabina di Regia sulla digitalizzazione nel settore del credito.
Fulvio Furlan Segretario Generale Aggiunto Uilca
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