L’emergenza economico-sanitaria legata al Covid-19 ha dato vita a dibattiti accesi su numerosi fronti: le relazioni interpersonali, il livello di innovazione tecnologica del nostro Paese, la mobilità, il sistema sanitario e chi più ne ha più ne metta. Tra questi, un argomento che riveste un ruolo di primo piano e occupa molto spazio nelle conversazioni all’interno delle mura domestiche è lo smart working. Se ne parla da tempo e gli italiani si sono trovati obbligati a farci i conti in una situazione già complicata di per sé, scoprendo che l’idea dello smart working era diversa dall’applicazione della nuova modalità di lavoro. Chi si aspettava di avere maggiori possibilità per conciliare lavoro e impegni familiari è rimasto deluso e si è trovato immerso, in molti casi, in una modalità lavoro 24/24 on, al punto di utilizzare l’espressione sostitutiva home working. Anche per questo da più parti adesso si sente acclamare il diritto alla disconnessione, ossia un periodo di riposo dagli strumenti di lavoro utilizzati nella modalità da remoto. Le nostre categorie, del credito, delle esattorie e delle assicurazioni, in questo contesto hanno dato prova di avere il maggior numero di dipendenti in smart working. Non si può dire oggi se questo, opportunamente modificato, potrà essere il futuro. Certo sarà difficile tornare indietro.
In molti sostengono che al termine di questa crisi sanitaria molto sarà diverso da prima. Probabilmente non tutto sarà così nella totalità della nostra vita, ma dal punto di vista della organizzazione del lavoro sarà certo molto utile fare tesoro degli insegnamenti emersi durante l’emergenza. Tra questi c’è la capacità di ricorrere, anche con urgenza, da parte di pubblica amministrazione, e imprese, dalle più grandi alle più piccole, a modalità di lavoro agile (il c.d. smart working) prima non attuate e spesso ritenute irrealizzabili. Ciò invece è risultato possibile in breve tempo e ha permesso di mantenere operative alcune funzionalità aziendali, molti servizi verso clientela e utenza e, in alcuni casi, di mantenere in vita la stessa azienda. In realtà va però specificato che quello applicato in questo periodo in molte attività produttive non è spesso il vero e proprio smart working, così come pensato dal legislatore nella legge 81/2017, o come contrattato in diversi accordi nazionali o di secondo livello dalle parti sociali. Infatti le aziende che ancora non avevano innovato i loro contratti con questa modalità di organizzazione hanno semplicemente spostato nelle case di lavoratrici e lavoratori alcuni processi operativi, senza grande coerenza e forse con poca efficienza, limitandosi in questa fase emergenziale a una urgente manovra salva azienda. Ciò nonostante imprese e imprenditori hanno realizzato che subito, già oggi, un differente modo di organizzare il lavoro è possibile e probabilmente in assenza di questa emergenza ci sarebbero voluti diversi anni per maturare la medesima consapevolezza. In merito il Governo da subito ha ritenuto la modalità organizzativa dello smart working un imprescindibile elemento utile tramite il quale coniugare il distanziamento sociale e l’attività lavorativa. Difatti il 24 aprile 2020 con le parti sociali ha sottoscritto il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambianti di lavoro”, con cui si è integrata la prima versione del 14 marzo, con l’indicazione che sul piano organizzativo è preferibile, anche in vista della Fase 2, utilizzare il lavoro a distanza quale strumento di prevenzione, “ferma la necessità che il datore di lavoro garantisca adeguate condizioni di supporto al lavoratore e alla sua attività (assistenza all’uso delle apparecchiature, modulazione dei tempi di lavoro e delle pause)”.
Oggi non possiamo sapere per quanto tempo ancora la pandemia costringerà a utilizzare il lavoro agile come unica modalità di prestazione lavorativa per milioni di lavoratrici e lavoratori, ma è in ogni caso necessario che questo modo di operare sia regolato nei diversi settori produttivi e nelle aziende attraverso una contrattazione in grado di bilanciare il ricorso allo smart working con il diritto alla disconnessione, che diventa elemento fondamentale per garantire il vero equilibrio tra lavoro, riposo e vita sociale, garantendo quindi alla persona di essere al centro della propria vita. In questo contesto, e soprattutto quando la necessità di limitare al massimo gli spostamenti e la vicinanza tra le persone sarà superato, assumerà quindi centralità l’esperienza sviluppata dalla categoria dei bancari in questi ultimi anni, prima con diversi accordi sindacali nelle aziende e poi attraverso il rinnovo del Contratto Nazionale del credito siglato il 19 dicembre 2019, nel quale, oltre a inserire per tutte le aziende del settore linee guida comuni sullo smart working, abbiamo ottenuto, primi in Italia, e tra i primi in Europa, il diritto alla disconnessione. All’interno del rinnovo del Contratto Nazionale del credito è infatti definito un nuovo articolo che disciplina il lavoro agile nel settore, per rendere le soluzioni organizzative favorite dall’evoluzione tecnologica utili a trovare nuovi equilibri tra gli obiettivi delle imprese e le esigenze personali e famigliari dei dipendenti, favorendo positivi impatti ambientali e una minore mobilità delle persone.
L’attività lavorativa in modalità agile, potrà essere prestata presso:
- altra sede/hub aziendale;
- residenza privata/domicilio del lavoratrice/lavoratore;
- altro luogo preventivamente autorizzato dall’azienda.
La prestazione lavorativa sarà effettuata entro i limiti di durata dell’orario giornalieri e settimanale e non potrà superare il limite massimo di 10 giornate mensili, salvo diversi limiti stabiliti dagli accordi aziendali o di Gruppo. Lo svolgimento del lavoro agile non muterà i diritti e i doveri posti in capo alle parti, non costituirà variazione della sede di lavoro e non modificherà il potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, ma, cosa più importante, non sarà la modalità esclusiva di prestare la propria attività lavorativa. Con queste indicazioni si è voluta mantenere l’opportunità per le lavoratrici e i lavoratori di confrontarsi e interagire personalmente con i colleghi e i responsabili, di salvaguardare la vita sociale che deriva dal frequentare un luogo di lavoro diverso dalla propria abitazione senza temere confinamenti forzati nella propria abitazione. Inoltre si è specificato che lo smart working non rappresenta solo una modalità di organizzazione del lavoro, ma anche una modalità di conciliazione tempi di vita e di lavoro, di risparmio di costi da pendolarismo e di minor impatto ambientale. Nella consapevolezza che, seppur nelle forme sopra esposte, esiste comunque il rischio, che in questo periodo di emergenza sta infatti verificandosi, che il lavoro agile divenga una giornata lavorativa senza limiti temporali.
Per questa ragione, nella ricerca di un equilibrio di queste nuove modalità lavorative, si è ritenuto fondamentale inserire il DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE con uno specifico articolo, basato sulla evidenza che la generalizzata e crescente diffusione di strumenti tecnologici di lavoro rendesse necessario individuare un opportuno bilanciamento tra le esigenze operative aziendali e la vita privata dei lavoratori. Questo uno dei passaggi più rilevanti in tema: fuori dall’orario di lavoro e nei casi di legittimi titoli di assenza non è richiesto alla lavoratrice/lavoratore l’accesso e connessione al sistema informativo aziendale; la lavoratrice/lavoratore potrà disattivare i propri dispositivi di connessione evitando così la ricezione di comunicazioni aziendali. L’eventuale ricezione di comunicazioni aziendali nelle predette situazioni temporali non vincola la lavoratrice/lavoratore ad attivarsi prima della prevista ripresa dell’attività lavorativa. Questi elementi costituiscono importanti aspetti, tra altri, con cui si è concretizzato il raggiungimento dell’obiettivo, sostenuto con forza dalla Uilca, di porre al centro del rinnovo contrattuale la persona, trovando soluzioni per garantirla e valorizzarla nella sua interezza, quindi, non solo nei pur fondamentali termini salariali e professionali, ma anche per quanto concerne gli aspetti umani e famigliari. L’inserimento di tale materia in un Contratto Nazionale collettivo rappresenta inoltre un segnale importante, che può riguardare, oltre i dipendenti del credito, in generale il mondo del lavoro, oggi più che mai alla luce della fortissima accelerazione che ha prodotto sul mondo del lavoro e sulla digitalizzazione la diffusione del virus Sars-Cov-2.